Leggevo una tua intervista in cui raccontavi di quando sei entrato in Adobe, nel periodo in cui avete introdotto il formato pdf nelle redazioni. E’ stato un momento di grande cambiamento nell’editoria, un pò come oggi.
La storia si ripete in slow motion, stiamo creando un pdf per le pubblicazioni interattive, è un’occasione stupenda di scrivere un pezzo di storia.
Raccontavi del tuo ruolo di Business Developer, che ricopri ancora oggi, di come fosse quasi necessario inventare uova senza una gallina.
Non c’era nemmeno quasi la mail, come si passavano i file? Stavamo gestendo un problema che a malapena la gente sapeva di avere, poi col tempo pdf è diventata una parola comune, parte dell’informatica di ogni giorno, come jpeg.
Oggi invece il problema del cambiamento è molto pressante per gli editori.
Sì è anche un fatto di definizione, di novità culturale, bisogna chiarire cosa è una app rispetto ad una pubblicazione. Noi stiamo cercando di creare app che leggano la pubblicazione, mi spiego: all’inizio erano una cosa sola, ora stiamo iniziando a strutturare app che leggono contenuto, che fanno e-commerce e che possano interagire con il lettore. Ad esempio l’app di Wired è solo 2 MB, e poi ogni mese scarica il contenuto che è un file di tipo .issue e rappresenta il contenuto.
Quale è il futuro del formato .issue? La reazione al primo numero di Wired per iPad è stata che 500 MB sono troppi.
Uguale al pdf, che col tempo abbiamo ottimizzato moltissimo rispetto alle prime versioni. Ora ogni pagina di Wired è 1 MB, una orizzontale e una verticale, ma 2 MB diventeranno presto 100 Kb.
Raccontaci qualcosa di CS5 Packager for iPhone. Sarà sempre più strategico poter uscire su diverse piattaforme direttamente dal programma di impaginazione.
Sì quello era il nostro prodotto originario per uscire su iPad, poi Apple ci ha bloccati e siamo stati costretti a ripensare tutto, finendo per creare il formato .issue - che vorremmo standardizzare così come è stato per il formato pdf. Da Indesign a Flash e poi al sistema operativo di Apple, poi, con la chiusura di Apple a Flash, abbiamo virato verso altre soluzioni: vedremo, sembra che la decisione possa cambiare nel prossimo futuro. Per ora abbiamo oltre 800 editori che stanno testando il formato .issue, in beta fino alla seconda metà del 2011. Realizziamo codice su misura, però man mano tutto viene reintrodotto nella base comune: questo è il nostro principio di sviluppo.
Wired quindi è stato un alpha tester?
Sì ci hanno aiutato con molto feedback e con la loro esperienza di editori. Sono a due isolati da noi a SF, è stato bello lavorare con loro. Sono molto preparati tecnologicamente.
Avete dovuto inventare parecchie cose per iPad, cose che non sono il vostro business: user experience e interaction design, information architecture ad esempio.
Abbiamo un team chiamato XD, Experience Design: creano sempre loro i piloti con i clienti, i siti Flex sono tutta roba loro. Sono designer e ingegneri, hanno studiato il formato della rivista mensile insieme con Wired, è stata una coppia perfetta.
E con il New York Times? Il loro Reader, ad esempio? Come è stato il lavoro per un quotidiano?
Progetto anche questo del team XD, creato come rimpiazzo di una cosa fatta da loro precedentemente in Windows Presentation Format, che non girava bene su piattaforme diverse. E’ stato un progetto che ci ha insegnato molto. Alcuni elementi sono poi diventati parte di Flash, come il motore tipografico che può giustificare, mandare a capo a metà parola o usare font Open Type, le spaziature tra lettere e tra parole sono ottime. HTML non fornisce strumenti di questa qualità per l’impaginazione.
Il loro prodotto desktop è in AIR. Quale è il futuro di queste app e di Flash, vista la politica molto aggressiva di Apple?
Apple è solo uno dei player, Android ad esempio supporta Flash: saranno i consumatori a scegliere e a far pressioni su Apple. Vedremo: non è una decisione tecnica, è solamente una strategia di mercato molto protezionista.